Pubblichiamo in quest’articolo un’interessante ricerca della professoressa Maria Scerrato, inerente la “battaglia di Alatri” consumatasi il 2 giugno del 1944, giorno della liberazione della città ernica dal regime nazi-fascista. Tale articolo, a 70 anni esatti dagli eventi, verrà anche pubblicato nel prossimo numero cartaceo del free press alatrense “Gente Comune”. Ringraziamo la professoressa Maria Scerrato per la squisita cortesia usata nell’averci messo a disposizione il suo scritto. “”Dopo lo sfondamento del fronte a Cassino tra il 18 ed il 19 maggio 1944, gli Alleati si diressero verso Roma. Il loro scopo era di entrare nella capitale di una delle potenze dell’Asse per attirare lì l’attenzione delle forze nazi-fasciste e distrarle dal luogo di azione dell’imminente operazione Overlord in Normandia, prevista per il 5 giugno. Superata la linea Hitler, un sistema difensivo che li trattenne per un’altra decina di giorni a causa del terreno paludoso costellato di mine, conquistarono faticosamente la Casilina dirigendosi verso Frosinone. Dal capoluogo le forze alleate si diressero in più direzioni. C’era un’altra linea da superare, la Caesar, che si estendeva tra i Colli Albani e i monti Simbruini, da Valmontone a Subiaco. Alcuni proseguirono lungo la statale 6, altri risalirono a nord, puntando verso Alatri. Il giovane caporale dello Yorkshire, George Walker (nella foto, in alto a sinistra) faceva parte della 36esima Brigata dell’ 8^ Armata che raggruppava le forze combattenti del Commonwealth, nella Campagna d’Italia. Il suo battaglione, l’ottavo, era denominato The Argyll and Sutherland Highlanders, una formazione di fanteria motorizzata che mostrava la più notevole delle caratteristiche scozzesi: un’estrema resilienza, ovvero la capacità di far fronte alle situazioni più difficili, adattandosi alle circostanze. Il corpo ostentava le più tipiche insegne della nazionalità di appartenenza, come il cappellino Balmoral, il kilt e le cornamuse, ovviamente riservandole alle occasioni più opportune. Nel campo di battaglia l’identità era salvaguardata dallo stemma in argento con simboli celtici posizionato sul basco. Nel pomeriggio del 1° giugno 1944 ai militi dell’Argyll appena trasportati a Frosinone venne dato l’ordine di prendere la città di Alatri. Lungo la SS 155 c’erano già delle scaramucce ad opera del Divisional Reconnaissance Regiment e dello Squadrone A del Wiltshire Yeomanry. L’avanzata iniziò un’ora dopo e ben presto gli scozzesi incontrarono i primi intoppi. Per coprirsi la ritirata, i tedeschi avevano lasciato indietro dei cecchini appostati con un buon rifornimento di munizioni. C’erano delle mitragliatrici nascoste in un gruppo di case, il cui fuoco era sostenuto dall’artiglieria leggera piazzata nei pressi. Ben presto grazie all’appoggio dei carri armati si sbarazzarono facilmente di questi ostacoli. L’avanzata continuò per altre due miglia quando calò la sera. Vennero mandate delle pattuglie a controllare il terreno e a Tecchiena venne preso prigioniero un soldato tedesco, malato e spossato, che si era rifugiato in una stalla. Alle 4 di mattina l’avanzata riprese lungo la statale. Le compagnie X e R conquistarono due collinette ad un miglio dalla città. A causa della conformazione della collina più grande su cui è posta la città, era impossibile un attacco diretto: i tedeschi avevano un’ampia visuale sulla pianura sottostante e controllavano il ponte ai piedi della collina. Il tenente-colonnello Taylor decise di circondare la città e di isolare le retrovie tedesche. Ordinò alla compagnia B di aggirare la collina principale e di salire sulla collinetta di San Francesco di Fuori mentre la compagnia Y ad est doveva conquistare il Convento dei Cappuccini a nord della città. Il sole si era già levato: la giornata si preannunciava calda, le colline erano abbastanza ripide ed il terreno laddove non era coltivato era sassoso. Inoltre gli uomini avevano dormito molto poco e non mangiavano dal pomeriggio precedente. La colazione prima della battaglia fu un veloce panino con la pancetta. La compagnia B salì agevolmente fino al Colle San Francesco nonostante il fuoco dei cecchini ma la compagnia Y dovette penare di più per conquistare l’obiettivo. Nei suoi ricordi testimoniati alla BBC molti decenni dopo, il caporale George Walker ricorda quel giorno di giugno in cui vide Alatri: Alatri era, come la maggior parte delle cittadine italiane, arroccata sulla cima di una collina ripida, simile ad un cono con una ottima visuale tutto intorno. Sembrava di essere di nuovo all’assedio di Centuripe. Il colonnello decise che per prima cosa si dovesse circondare la città e poi mandò due compagnie di soldati all’attacco. Il luogo scelto era dominato da un monastero con delle mura ripide e alte da una parte. Una compagnia vi si diresse, mise a tacere un paio mitragliatrici posizionate e poi, non trovando altro modo per entrare azionarono un PIAT (un’arma anticarro in dotazione all’esercito inglese equivalente al bazooka). Aperta una breccia nel muro, occuparono senza neanche combattere se non per qualche occasionale raffica proveniente da una mitragliatrice posta in città. L’intervento con i PIAT fu provvidenziale. Il capitano Davies, al comando della compagnia Y raggiunse la sommità del Colle San Pietro e riuscì a praticare una breccia nelle solide mura del convento dei Cappuccini. Il tenente Stephan scivolò nell’apertura con i suoi uomini. Poiché i tedeschi avevano già abbandonato la posizione, il convento venne rapidamente occupato. Fu una conquista importante: da lì gli Argylls furono in grado di dirigere il fuoco dell’artiglieria contro i cecchini tedeschi appostati in città, inoltre potevano controllare la ritirata dei tedeschi che frettolosamente ripiegavano verso la Sublacense. Le mitragliatrici e l’artiglieria tedesche continuarono a sparare per tutta la mattinata sia sulla SS 155 in direzione sud che sugli edifici dove il Colonnello Taylor aveva posto il suo quartier generale. Due plotoni della compagnia R che si stavano dirigendo verso la città vennero fermati dal fuoco di una mitragliatrice e dei fucili e subirono diverse perdite. Solo dopo un pesante cannoneggiamento da parte dei carri armati su tutte le postazioni dei cecchini, cessarono gli spari, ma non prima che due dei carri e diversi altri mezzi corazzati inglesi venissero distrutti. Sopraggiunsero i rinforzi, secondo quest’altra testimonianza neozelandese: La 17esima Brigata Indiana che aveva liberato Veroli continuò l’avanzata verso Alatri. Le truppe scesero lungo una ripida strada a tornanti, ingombra di veicoli tedeschi distrutti dalla RAF e dall’artiglieria. Nella vallata avanzava il convoglio della 78esima Divisione che risaliva da sud per attaccare Alatri, sul cucuzzolo di un’alta collina a cono che di tanto in tanto spariva dalla vista per la polvere ed il fumo delle bombe, dei colpi di artiglieria e del mitragliamento. I Royal Fusilliers (6° Battaglione) e lo Squadrone B lasciarono la strada e fiancheggiarono la 78° Divisione sulla destra avanzando nei campi. Per lo Squadrone B fu perfino peggio dell’avanzata nella valle del Liri. Per un miglio i carri armati si muovevano con difficoltà lungo una serie di saliscendi spesso a ridosso di corsi d’acqua, su ogni pendio c’erano viti, viti ovunque. Quanto maledirono quegli interminabili filari di viti, i soldati nei carri armati! Sembrava ci volesse un’infinità di tempo per aprirsi un varco, i carri Sherman si innalzavano e scendevano nei fossati che correvano parallelamente ad ogni filare, con gli uomini seduti davanti che dovevano tagliare con le tronchesi per procedere. C’era una piccola ricompensa a tanto sforzo. Le viti erano fatte crescere su alberi di ciliegie mature e deliziose, l’uva invece era ancora immatura.… I carri armati fecero fuoco contro i tedeschi che si ritiravano lungo la strada ma era quasi impossibile vedere nella foschia se i colpi andavano a segno. Vi erano addirittura piccoli gruppi di tedeschi che si ritiravano a piedi non molto distanti dai nostri carri. Al crepuscolo del 2 giugno due compagnie del Sesto Battaglione, Royal West Kent Regiment attaccarono la città solo per scoprire che i tedeschi avevano completamente sgomberato la città, dirigendosi verso ovest. Il racconto della battaglia di Alatri, desunta dai racconti di guerra dei soldati alleati è confermato dalle testimonianze di chi visse quei momenti: si ricordano i colpi esplosi contro il campanile di Civita dal quale partivano le raffiche del mitragliatore tedesco e quelli a danno del palazzo Stampa. Appostati sulla collina di San Francesco di Fuori gli scozzesi esitarono ancora qualche ora prima di entrare in città, temendo i cecchini. Si accamparono in località Doni e qualche anziano ancora ricorda il suono delle cornamuse provenire dal loro campo. “Alle 17.15 — registra Angelo Sacchetti Sassetti — la fanteria inglese entra a Portadini, carri armati alle 21.15 da via Cesare Battisti.” La città è presa””.