22 GIUGNO 1944

Anpi3Roma
4 min readJun 17, 2023

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COSÌ MORÌ IL PARTIGIANO SALVATORE PAPPALARDO

Il 22 giugno del ’44 quattro partigiani furono trucidati in località Santa Giustina a Ca’ Trenta. Tra essi c’era Salvatore Pappalardo, un siciliano che abitava a Torrebelvicino, dove aveva trovato l’amore. Ecco cosa successe quel giorno

Come ogni anno, domenica 26 giugno a Ca’ Trenta vi sarà la commemorazione dei partigiani fucilati in località Santa Giustina: alle 9.45 è in programma il raduno davanti al monumento che li ricorda, quindi la deposizione di una corona, la santa messa e un’orazione ufficiale.

Una piccola cerimonia, poco conosciuta come l’avvenimento storico in sé, risalente al 22 giugno 1944, in piena occupazione tedesca. Quel giorno quattro partigiani, detenuti in Caserma Cella a Schio, furono portati sul posto e lì trucidati. Erano stati presi, si disse, durante il grande rastrellamento condotto dai tedeschi in Val Leogra tra il 16 e il 18 giugno, azione culminata con il noto scontro a fuoco di Vallortigara e il sacrificio di Bruno Brandellero. Si trattava di quattro giovani, due vicentini e due originari della Sicilia: il ventenne Luciano Besco (“Cucciolo”) di Recoaro, il ventiduenne Eucaristo Marchetto (“Ruggero”) di Arzignano, il ventinovenne Salvatore Pappalardo e Salvatore Campesi. Partigiani della Brigata “Stella”, è scritto sul cippo che li ricorda.

Lo scledense Leone Fioravanti annotò il fatto nel suo diario il giorno seguente: «23 giugno 1944. Venerdì. Sono state fucilate barbaramente quattro persone di quelle catturate fra sabato e domenica. Le vittime sono state condotte sul luogo dell’esecuzione a Ca’ Trenta e costrette a scavarsi la fossa». Ma l’episodio suscitò parecchio sgomento anche nei paesi vicini. Scrisse il parroco di Pievebelvicino, don Girolamo Bettanin, nella cronistoria della sua parrocchia: «Con orrore si apprende che a Magrè nei pressi di Ca’ Trenta il comando tedesco ha fatto fucilare quattro uomini catturati gli scorsi giorni. Si dice che uno di essi abitava a Torrebelvicino. Si dice che i quattro disgraziati furono costretti a scavarsi colle proprie braccia la fossa, dove furono sepolti a fior di terra».

Don Bettanin diceva il vero riguardo alla residenza a Torrebelvicino di uno dei quattro fucilati (di cui ben poco si sa ancora oggi). Su quest’ultimo — Salvatore Pappalardo — qualche frammentaria notizia arriva dalla figlia Milvana De Mani, recentemente interessatasi a una vicenda dolorosa della quale in famiglia si parlò pochissimo.

Salvatore era nato nel 1915 ad Acireale (Catania), ma non è chiaro come fosse giunto nelle nostre zone dalla lontana Sicilia. Alcune voci lo indicavano come militare fuggito dalla Caserma Cella quando venne assaltata dai tedeschi dopo l’8 Settembre, ma è difficile confermarle. Lo troviamo infatti all’inizio degli anni Quaranta a Belvedere di Villaga, nel Basso Vicentino. Lì conosce Augusta De Mani (1914–1969) e dal loro amore nasce nel giugno del 1943 una bimba, Milvana. Poi, a un certo punto, Salvatore si trasferisce a Torrebelvicino da una sorella di Augusta ed entra nel movimento partigiano che nel frattempo si è sviluppato.

Una cugina di Milvana, all’epoca ragazzina, ricorda che Salvatore faceva la staffetta (pare fosse in contatto con la pattuglia partigiana comandata dal turritano Ernesto Vallortigara “Morgan”), ma che appena poteva si recava a trovare Augusta e la figlia a Villaga facendo salire anche lei sulla bicicletta. Poi, nel giugno del 1944, cadde nelle mani dei tedeschi, secondo alcuni durante il rastrellamento di metà mese, secondo quanto tramandato in famiglia arrestato a casa sua in precedenza, forse in seguito a una delazione. Anche Augusta finì in prigione, ma venne liberata dopo qualche giorno: Salvatore andò invece incontro al suo destino, scrivendo dal carcere un’accorata lettera d’amore per la compagna e la sua bimba, andata poi perduta.

Ma perché vennero fucilati lui e gli altri tre sfortunati, e come mai proprio a Ca’ Trenta? I tedeschi lo fecero per rappresaglia, volendo vendicare il caporale della Luftwaffe Bernhard Furtner, 24 anni, ucciso in uno scontro a fuoco coi partigiani, in quel luogo, il 12 giugno precedente, quando una ventina di giovani renitenti di S. Vito di Leguzzano, scortati da un gruppo di fascisti, si stava recando a Schio per l’arruolamento. La colonna venne attaccata dai partigiani di Raga-Monte Magrè (pattuglie di Ferruccio Manea “Tar”, Elio Scortegagna “Luis” e Santo Fochesato “Scarpa”): peraltro solo pochi sanvitesi riuscirono a fuggire, i rimanenti furono condotti al presidio tedesco delle scuole Marconi di Schio e quindi deportati.

Poi, come ulteriore monito, ci fu la fucilazione una decina di giorni più tardi. «26 giugno 1944. Lunedì. Numerosa gente si reca a gettar fiori sulle fosse di Ca’ Trenta, dove sono stati sepolti quasi a fior di terra i quattro fucilati di venerdì scorso. L’odio cresce in maniera enorme e il furore popolare non aspetta che l’occasione per sfogarsi contro i selvaggi carnefici che perseguitano il popolo d’Italia», scrisse, indignato, Leone Fioravanti.

Ma oggi non è più tempo di odio, solo del giusto ricordo. «Mia zia — dice Milvana — mi raccontava che mio padre e mia madre si volevano un bene enorme. So che fu lei a riconoscere il corpo, non dal viso da ma da un anello che portava. Mia mamma Augusta si è sempre rifiutata, invece, di rievocare quei tristi ricordi: lassa stare, che go za soferto bastansa, diceva. Io però non ho dimenticato e vado sempre a trovare mio papà, al cippo di S. Giustina e al cimitero di Torrebelvicino, dove compare nella lista dei caduti».

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L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia è un’associazione fondata dai partecipanti alla resistenza italiana contro l’occupazione nazifascista.

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