LA TRAGEDIA DEL “CAP ARCONA”
Ignorata dal grande pubblico, la tragedia del piroscafo Cap Arcona e di altre tre navi trasformate in lager galleggianti dalle autorità naziste, si consuma nel maggio 1945 nella baia di Lubecca sotto le bombe della Royal Air Force. Stando alle cronache del periodo, le navi dovevano servire a cancellare ogni traccia dei campi di concentramento, ma pare che i piloti britannici ignorassero cosa o chi si trovasse a bordo. Nei fatti, in pochi minuti morirono oltre 7.500 deportati.
Il Cap Arcona era un lussuoso piroscafo di circa 30mila tonnellate, a doppia propulsione e tre fumaioli, orgoglio della prestigiosa flotta della compagnia Hamburg-Sudamerikanische Dampfschiffahrtgesellschaft. Durante l’allestimento nulla era stato lasciato al caso: suite reale, arredamento esclusivo, cabine in stile vittoriano, giardino e piscina coperta, campo da tennis, ristoranti extra lusso e tutto ciò che la tecnologia dell’epoca poteva offrire. La nave era anche servita, nel 1942, per le riprese del film in versione tedesca sulla tragedia del Titanic.
Costruito dai cantieri Blohm & Voss di Amburgo, aveva intrapreso il viaggio inaugurale il 14 maggio 1927, ospitando le più celebri personalità di tutta Europa in diversi settori, fra cui il celebre aviatore Pierre Closterman (diventato poi l’asso dell’aviazione francese durante il secondo conflitto, con 33 vittorie e oltre 400 missioni).
Il piroscafo aveva compiuto una serie di prestigiose crociere per oltre un decennio, guadagnandosi grande fama, navigando con la bandiera del Terzo Reich poi, in previsione dello scoppio della guerra, è requisito per scopi bellici il 24 agosto 1939. Era stato ancorato nel porto di Danzica, durante l’invasione della Polonia, e serviva come alloggio per il personale della Kriegsmarine. Nel 1944, quando l’Armata Rossa era ormai lanciata nell’inarrestabile avanzata verso i confini tedeschi il Cap Arcona viene utilizzato per trasportare civili e soldati fuori dai territori vicini al fronte di battaglia, sulla rotta Danzica-Copenhagen. Durante uno di questi viaggi, gli apparati propulsivi subiscono un’avaria e la nave deve essere rimorchiata presso uno dei tanti fiordi della costa scandinava, in riparazione. Una volta effettuati i lavori, è trasferita in Germania. Il 14 aprile 1945 arriva nella baia di Lubecca, in condizioni di ridotta manovrabilità. A questo punto, il comando in capo della Kriegsmarine decide di restituire la nave alla compagnia Hamburg-Sud.
Lo stesso 14 aprile ’45 l’SS-Reichsfuhrer Heinrich Himmler emana un ordine ufficiale per lo sterminio di tutti i detenuti dei lager, perché fosse cancellata ogni traccia e testimonianza della macabra attività. Era un’operazione effettivamente grandiosa e di difficile attuazione, tuttavia nessun prigioniero doveva cadere vivo nelle mani degli alleati. Si sceglie quindi di evacuare i campi, costringendo i detenuti a marce forzate verso la costa baltica (durante le quali gran parte sarebbe morta per fatica, stenti, o uccisa con colpo alla nuca ai bordi delle strade, “velocizzando” così il lugubre progetto). Il 4 maggio 1945, quando le avanguardie britanniche giungono al campo di Neuengamme, il più grande in territorio tedesco, lo trovano completamente vuoto. Un fatto strano, visto che il lager, in attività dal 1938, secondo i rapporti segreti dell’intelligence inglese e le testimonianze di alcuni evasi, conteneva circa 110mila persone, fra cui oltre 10mila cittadini francesi. Non era successo lo stesso a Bergen Belsen, liberato il 15 aprile 1945, dove la scena che si presentò alle avanguardie alleate lasciò traumatizzati i soldati.
Secondo l’ordine di Himmler, l’evacuazione dei campi era iniziata il 18 aprile, e più o meno negli stessi giorni erano anche iniziati gli imbarchi a bordo di navi destinate all’affondamento in pieno Mar Baltico. Molti prigionieri, però, a conoscenza dell’imminente fine della guerra, riescono a resistere alle “marce della morte”.
Il responsabile del Partito Nazista per il territorio di Amburgo, SS-Brigaderfuhrer Karl Kaufmann, aveva espressamente ordinati di condurre i detenuti verso il porto di Lubecca, dove erano ancorati il Cap Arcona e i mercantili Athen, Deutschland e Thielbeck.
I comandanti e gli ufficiali erano stati avvertiti già il 18 aprile dalle SS che le navi sarebbero state requisite per una “speciale operazione” non meglio definita; solo il capitano del Cap Arcona, Heinrich Bertram, e quello del Thielbeck, John Jacobsen, avevano avuto un colloquio segreto con i responsabili delle SS, che avevano reso noto il folle progetto. Jacobsen a sua volta decide di rivelare al proprio equipaggio i particolari, rendendo nota l’intenzione di rifiutarsi di obbedire. Lo stesso giorno era stato destituito dal comando e allontanato. Fra il 19 e il 26 aprile oltre 11mila prigionieri giungono al porto di Lubecca e sono imbarcati, nonostante l’opera della Croce Rossa svedese che tenta invano di negoziare la loro libertà.
All’alba del 20 aprile le SS iniziano a stipare nelle stive i detenuti dei campi, sotto la supervisione dello SS-Sturmbannfuhrer Gehring. Sulla Athen sono imbarcate oltre 2.300 persone e un reparto di 300 fra kapò e soldati SS, da trasferire poi sulla Capo Arcona all’ancora a circa 2 miglia dalla costa. Inizialmente il comandante della Athens, Nobmann, rifiuta di collaborare poi, messo davanti ad un plotone di esecuzione, si rassegna e obbedisce. Quando la nave di Nobmann si appresta al trasferimento, il comandante della Cap Arcona rifiuta a sua volta di prestarsi al progetto delle SS e l’Athens deve tornare in porto senza aver effettuato il trasbordo. Il responsabile delle SS, Gehrig, informa quindi il proprio superiore, il quale richiede l’intervento al Brigaderfuhrer conte Bassewitz-Behr, capo della Gestapo di Amburgo. Il caso arriva direttamente a Karl Kaufmann, Gauleiter della regione e Commissario del Reich per la Kriegsmarine. In poche ore viene organizzato l’incontro fra il capitano delle SS Horm, capo di stato maggiore di Kaufmann, e John Egbert, presidente della società Hamburg-Sud, proprietaria della Cap Arcona. Dopo cinque giorni di discussioni, trattative, e minacce, lo Sturmbannfuhrer Gehring ha ragione sull’ostinazione del comandante della Cap Arcona e si avvia quindi il trasferimento di 6.500 prigionieri e 600 guardie SS sul piroscafo, con i cargo Thielbeck e Athen.
La scena rasenta il grottesco: migliaia di persone denutrite, sfinite, sporche, malate, vestite di stracci, sparse per gli eleganti salotti vittoriani e le cabine del transatlantico (accuratamente sgombrati dai preziosi mobili antichi) e continuamente oggetto delle angherie degli spietati guardiani, senza cibo né acqua.
In vista dell´affondamento, le SS vengono gradualmente sostituite da soldati più anziani, tra i 55 e i 60 anni, dell´esercito territoriale e della marina. L´Athen compie l´ultimo affiancamento al Cap Arcona il 30 aprile, per prelevare parte dei prigionieri dal piroscafo, perché il sovraffollamento è tale che le stesse SS non riescono più a sopportare il puzzo dei cadaveri ammucchiati. Intanto i negoziati fra SS e Croce Rossa svedese erano ripresi, fino ad un accordo per la liberazione dei soli prigionieri francesi, circa 2.000 persone che il 30 aprile lasciano il Cap Arcona e il Thielbek per essere trasferiti in Svezia. Sempre il 30 aprile 1945, tra i deportati si sparge la voce che Adolf Hitler si è suicidato, che Berlino è occupata dai russi e che la guerra è praticamente finita.
La mattina di quello stesso giorno un aereo inglese, durante un volo di ricognizione sopra la baia di Lubecca, aveva fotografato il Cap Arcona.
Per sfuggire al tiro delle batterie antiaeree, l´aereo volava a 10mila piedi, altezza dalla quale è difficile distinguere l´identità delle persone a bordo, ma era altresì chiaro che la bandiera sui pennoni delle tre navi era quella con la svastica.
Frattanto a Lubecca, nella tarda mattinata, due ufficiali britannici si presentano all´ufficio della Croce Rossa svedese per ottenere i dettagli sulle navi-prigione. Disgraziatamente è troppo tardi per bloccare l´operazione iniziata, perché quattro squadriglie di bombardieri della 2a Forza Tattica erano già in volo su Lubecca.
Alle 14.30 il capitano inglese Martin Scott Rumbold ordina alla formazione di sganciare le bombe. Il Cap Arcona e le altre navi sono bombardate e mitragliate dai cacciabombardieri.
Il Cap Arcona, avvolto dalle fiamme, si piega e comincia ad affondare. Il capitano Bertram fugge dal ponte invaso dal fumo aprendosi la strada nella calca dei prigionieri a colpi di machete e abbandona la nave. Le SS terrorizzano i detenuti a colpi di mitra. Molti canotti di salvataggio sono crivellati dalle pallottole. In un panico indescrivibile, i deportati sfuggiti all´attacco, alle fiamme, all´acqua che invade la nave-prigione, si precipitano sul ponte per gettarsi in mare e tentare di aggrapparsi ai rottami galleggianti.
Il Thielbek è a sua volta colpito, si inclina e inizia ad affondare. Su 2.800 deportati si salvano in 50. Le SS e i riservisti addetti al servizio di guardia sono uccisi tutti. Muore anche il capitano Jacobsen. Su 4.500 detenuti del Cap Arcona si contano 316 superstiti, i più fortunati quelli dell´Athen, che riescono a salvarsi tutti. In totale, sono uccisi in meno di mezz´ora 7.500 prigionieri di 28 nazionalità diverse. Quattro giorni dopo, l´8 maggio 1945, termina la guerra in Europa. La Athen, che non era affondata, diventa preda di guerra sovietica e ribattezzata General Brusilow, per poi essere donata, nel 1947, alla Polonia con il nome Warinsky, per la rotta Danzica-Buenos Aires, via Amburgo. Nel 1973 è messa fuori servizio e infine adibita a magazzino nel porto di Stettino.
Le autorità britanniche hanno spiegato che la presenza di una flottiglia militare tedesca a fianco del Cap Arcona li aveva indotti in errore, facendo loro credere che la nave fosse occupata da militari tedeschi. Nel 2000, lo storico tedesco Wilhelm Lange ha affermato che già il giorno prima del bombardamento i britannici erano al corrente dell´esistenza delle navi-prigione, ma qualcosa non aveva funzionato nella trasmissione della notizia e oggi la tragedia della baia di Lubecca è considerata come un crimine di guerra. Tuttavia questo dramma, come molti altri, è ignorato dalla storiografia.
Il relitto del Cap Arcona è rimasto incagliato nella baia di Lubecca fino al 1950, per essere poi smantellato e ridotto a ferraglia. Il Thielbek, recuperato e riparato quattro anni dopo il naufragio, ha ripreso servizio sotto il nome di Reinbek. Nel 1961 la Compagnia marittima Knör & Burchard ha venduto il Reinbek, che in seguito ha navigato sotto bandiera panamense. Nel 1974 la nave è stata infine smantellata a Spalato, nell´ex Jugoslavia.
Per la cronaca, i documenti d´archivio della Royal Air Force sulla vicenda non saranno resi pubblici prima del 2045.