DA ROMA A MAUTHAUSEN
Il 4 gennaio del ’44 da Regina Coeli partiva un treno con 327 detenuti politici e razziali: destinazione il campo di concentramento di Mauthausen.
di Eugenio Iafrate
« …Alle ore 20,40 di ieri dallo Scalo Tiburtino è partito treno numero 64155 diretto a Innsbruck con a bordo n° 292 individui, rastrellati tra elementi indesiderabili,
i quali, ripartiti in dieci vetture, sono stati muniti di viveri per sette giorni. Il treno sarà scortato fino al Brennero da 20 Agenti di Pubblica Sicurezza ed a destinazione da un Maresciallo e 4 militari della Polizia Germanica. Durante le ultime 24 ore sono stati rastrellati dalla locale Questura, a scopo preventivo, n° 162 persone». Acs, MI DGPS SCP RSI Chierici (1943–1945), b. 70, fasc. “Segnalazioni a DGPS da Comando di Forze di Polizia della Città Aperta di Roma 1944 gennaio” del 5 Gennaio 1944. Giovedì 4 gennaio 2007, all’interno della Casa circondariale di Roma Regina Coeli, è stata ricordata la deportazione di 327 detenuti politici e razziali, destinati ad essere sterminati nel Konzentrationslager Mauthausen. Una pagina, questa, sconosciuta o dimenticata della storia di Roma durante l’occupazione nazista. Nella ricorrenza del 63° anniversario di questa deportazione, avvenuta il 4 gennaio 1944, partendo proprio dal carcere di Regina Coeli, sono stati esposti i risultati di una lunga ricerca che ha permesso di ricostruire questo “trasporto” e ritrovare i nomi di 70 deportati di cui si era persa ogni traccia, ridefinendo le vicende di una deportazione per certi versi misteriosa. Erano presenti Mario Limentani e Antonino Genco, due dei tre superstiti ancora viventi, scampati all’orrore del lager. Con loro il Presidente dell’ANED di Roma Aldo Pavia, il Presidente dell’ANPI Massimo Rendina, Piero Terracina reduce dal KZ Auschiwitz, alcuni familiari di vittime della deportazione e dello sterminio nonché i due ricercatori storici Eugenio Iafrate e Antonella Tiburzi. La cerimonia, realizzata con la collaborazione e la sensibilità del Direttore di Regina Coeli, Mauro Mariani, e della Vice Direttrice Dott.ssa Bormioli è iniziata alle ore 17.00, ora in cui l’ultimo gruppo di detenuti, diciotto fra uomini e ragazzi, lasciava il 3° braccio, a giurisdizione germanica. Essi furono condotti alla Stazione Tiburtina, dove insieme ad altri detenuti, iniziarono un lungo viaggio di nove giorni attraverso l’Italia e l’Austria che si concluse a Mauthausen il 13 gennaio 1944. A Mauthausen, “l’inferno dei vivi” furono immatricolati solo 257 dei 327 usciti da Regina Coeli e inviati alla Stazione di Roma Tiburtina per essere deportati. E gli altri 70 che fine hanno fatto? Facciamo un passo indietro. Circa tre anni fa feci un viaggio con destinazione Auschwitz e Birkenau in Polonia. Passando per l’Austria mi ricordai di un fratello di mio nonno, Valrigo Mariani, nato a Roma nel 1907, di cui avevo sempre sentito parlare in famiglia; arrestato fu poi deportato da Roma nel 1944, e deceduto in un campo di concentramento, forse a Mauthausen, dove quindi decisi di recarmi. Giunto al campo, consultai il data base del Museo Archivio e ne ebbi la certezza, data di arrivo e data della morte. Tornato in Italia iniziai una ricerca sfibrante, ancora in corso. Passai dalla estenuante burocrazia nazista alle poche documentazioni note in Italia. Scoprii l’esistenza dell’ANED (Associazione Nazionale Ex Deportati nei lager nazisti) e venni a sapere dell’esistenza di un ex deportato, Italo Tibaldi, che aveva lavorato, dal 1945 per circa 60 anni, alla ricostruzione dei trasporti, alle liste nominative e alle matricole di circa 8.000 persone deportate dall’Italia al Campo di Concentramento di Mauthausen. Inoltre, appresi che il 4 gennaio 1944 dal Carcere Giudiziario di Regina Coeli venne composto un trasporto di detenuti che dalla Stazione Tiburtina partì per il Nord diretto prima a Dachau e poi a Mauthausen. Il numero dei deportati variava fra i 257 (elenchi matricolari ricostruiti da Italo Tibaldi) ed I 480 (fonte Gino Valenzano, reduce da quel trasporto). Partii dalla sicura lista dei 257 immatricolati, fra cui compariva il nominativo del fratello di mio nonno, e la confrontai con i registri matricola di Regina Coeli. Registri salvati miracolosamente dalla Dott.ssa Assunta Borzacchiello e dai suoi collaboratori, custoditi tra mille fatiche nel Museo Criminologico di Roma. Venni a confronto con un periodo della storia di Roma e della fortissima resistenza al nazi-fascismo dopo l’8 settembre 1943. Nei registri matricola di Regina Coeli ebbi la conferma ed il riscontro di soli 239 nomi dei 257 della lista Tibaldi. Trovai, però, altri nomi di detenuti usciti e partiti la mattina del 4 gennaio 1944, ma mai immatricolati a Mauthausen e perciò di cui non si sapeva nulla. Dalla ricerca sui diciotto nominativi non trovati nelle matricole di Regina Coeli, capii che erano persone detenute al 3° braccio del carcere sotto giurisdizione tedesca. Molto utili furono i due libri scritti da Gino Valenzano, nipote del Generale Badoglio, che descriveva l’arresto suo e del fratello avvenuto a Roma ad opera della polizia tedesca, la loro detenzione al 3° braccio e la loro deportazione con tutti gli altri il 4 gennaio 1944. Controllando i 18 nomi mancanti mi imbattei in una serie di particolari interessanti. Erano quasi tutti minori di diciotto anni, il più piccolo aveva quattordici anni. Un nominativo in particolare risultava coinvolto casualmente nella prima strage nazista a Roma, Fausto Iannotti. Massacro avvenuto nell’ottobre del 1943, dopo l’assalto della popolazione affamata al Forte di Pietralata. Dal controllo della lista matricolare di Mauthausen, ricostruita da Tibaldi, Fausto Iannotti risultava deportato e deceduto nel sottocampo di Ebensee. Qualcosa non tornava. Bisognava ricontrollare le fonti e gli avvenimenti. Verificai le testimonianze del ritrovamento della fossa comune a Casal dei Pazzi, oggi all’interno del muro di cinta della Casa circondariale di Rebibbia Nuovo Complesso. Ritrovai i registri dell’obitorio di Roma del giugno 1945 e verificai il ritrovamento delle salme. Incontrai e parlai con il fratello maggiore di Fausto Iannotti. Arrivai ad una certezza, ma senza riscontri perché mancavano le matricole di ingresso al terzo braccio tedesco di Regina Coeli. La ricerca si trovò ad un punto fermo. La polizia nazista, molto attenta nello schedare e scrivere ogni cosa, probabilmente era stata scrupolosa anche nella distruzione della sua unica documentazione di immatricolazione del braccio? Qualcuno però mi disse che le forze naziste, fra il 3 ed il 4 giugno 1944, lasciarono Roma improvvisamente senza preavviso e notevolmente impreparate. A Regina Coeli il 3 giugno ’44 erano state sostituite le normali forze di polizia germanica con i componenti del battaglione “Bozen” di origine altoatesina; quando questi arrivarono trovarono il terzo braccio ed una grossa parte del carcere vuoti. L’evento, per me sconosciuto, mi fece supporre che la polizia nazista, dopo aver gestito per nove mesi il 4° braccio prima ed il 3° braccio poi, non avesse avuto il tempo di distruggere la documentazione inerente le note matricolari, di ingresso ed uscita dal carcere. Ebbi ragione e fortuna. In seguito, altre ricerche bibliografiche mi portarono al Museo della Liberazione di via Tasso dove in un incontro con l’attuale presidente, Prof. Parisella ed il suo staff, ebbi la conferma del ritrovamento effettuato solo da pochi mesi (autunno 2005) di numerose matricole, circa 2500, del braccio tedesco di Regina Coeli. Il quadro delle fonti documentali era finalmente completo e si sono potuti effettuare i riscontri necessari. Va ricordato che il “trasporto” di coloro i quali uscirono nella giornata del 4 gennaio 1944 da Regina Coeli era composto da persone semplici, antifascisti di tutto l’arco della resistenza al nazi-fascismo di quei mesi a Roma. Soldati renitenti alla chiamata alle armi della Repubblica Sociale Italiana. Soldati sbandati dopo l’8 settembre 1943 e reduci da vari fronti di guerra. Settanta, ottanta antifascisti noti all’ Ovra ed inseriti nel Casellario Politico Centrale. Un fondatore del Partito Comunista Italiano e due nipoti del Generale Badoglio. Dodici uomini di religione ebraica ed un maestro, francese, in fuga dalla sua nazione ed arrestato solo il giorno prima della deportazione. Dei 257 uomini immatricolati, sopravvissero alla liberazione dei campi a cui furono destinati, solo una quarantina e non tutti riuscirono a ritornare in patria. Molti di loro morirono per fame e stenti in una Europa già libera dal nazifascismo dopo 17 mesi di sofferenze. Ad oggi, oltre a ricostruire la dignità dei fatti, resta solo da stabilire cosa è accaduto ai 70 uomini prelevati da Regina Coeli, portati alla Stazione Tiburtina, e di cui non si conosce più nulla perché mai immatricolati né al KL Dachau e né al KL Mauthausen. Alcune storie cominciano a delinearsi. Di certo vi furono alcuni uomini che fuggirono durante il tragitto, ma rimane il dubbio e l’incertezza di un’eliminazione immediata e senza immatricolazione nel Campo di Mauthausen, per circa trenta — quaranta persone ritenute inabili al lavoro coatto.