“Non dimentichiamoci il passato. Non dimentichiamoci quello che abbiamo fatto. Sapete cos’era il madamato? La madama era una ragazzina, spesso minorenne, che i fascisti si tenevano nelle colonie per farne ciò che volevano. Se non ve lo ricordate, qui un’intervista di Montanelli che descrive la sua madama così: << Aveva dodici anni, ma non mi prendere per un Girolimoni, a dodici anni quelle lì erano già donne. L’avevo comprata a Saganeiti assieme a un cavallo e un fucile, tutto a 500 lire. (…) Era un animalino docile, io gli misi su un tucul con dei polli. E poi ogni quindici giorni mi raggiungeva dovunque fossi insieme alle mogli degli altri ascari>>.
“Nella figura 2.1 quattro marinai trattengono una giovane donna eritrea. Un pezzo del suo vestito pende dalla mano di uno degli uomini. La giovane non guarda verso l’obiettivo, ma è costretta a stare ferma e a esporre i suoi seni, bloccata dalle braccia di uno di loro che agganciano le sue e dalla presa di altri due sui suoi polsi. (…) Come spettatori di questa fotografia anche noi siamo oggi trascinati in questo circuito di sguardi. Guardiamo l’umiliazione di questa donna e ci chiediamo cosa le sarà accadut prima e dopo che la fotografia è stata scattata. (…) Tutti e cinque gli uomini bianchi coinvolti in questa fotografia, incluso il fotografo, erano militari italiani. I quattro marinai potevano essere di stanza a Massaua, ma più probabilmente erano in congedo a terra, sbarcati da una delle tante navi che nel 1935 portavano soldati, armi ed equipaggiamenti dall’Italia all’Eritrea e alla Somalia Italiana, attraverso il canale di Suez e il Mar Rosso, per consolidare l’invasione dell’Etiopia. (…) Maria Messina, figlia di un uomo italiano e di una donna eritrea, che nel 1935 aveva 18 anni e viveva ad Asmara, ha ricordato: <<Dopo il 1935 iniziò il razzismo… Mussolini scaricò la feccia d’Italia sulla Somalia, chi lo sa cosa gli aveva promesso!… Mussolini mandò una serie di camice nere, di avanzi di galera, che violentavano le donne: noi ragazze non potevamo più uscire la sera, a causa di questi furfanti, con le loro camice aperte e i coltelli alle cinture.>> (…) Mabrat Kassa, una donna eritrea che nel 1935 era appena adolescente e viveva ad Asmara, raccontò in un’intervista della fine degli anni Ottanta: <<Odiavo gli uomini italiani per come si comportavano. C’erano molti casi di stupri di donne eritree da parte di italiani, era assai comune.>>.”
Dal Capitolo 2 “Colonie”, primo paragrafo “Donne”, del testo “Margini d’Italia. L’esclusione sociale dall’Unità a oggi” di David Forgacs, 2015.