#farememoria #storievere
Chi era Giuseppe Solaro, secondo Il sangue dei vinti? Così Pansa lo fa descrivere alla sua interlocutrice Livia: dopo essere stato volontario in Spagna
Aveva subito aderito alla Repubblica sociale e a 29 anni era diventato federale di Torino. Solaro era un fascista di sinistra, tanto che prima del 1943 un gruppo di socialisti torinesi aveva pensato che passasse dalla loro parte. Credeva nella socializzazione. E aveva tentato, inutilmente, di aprire un dialogo con gli operai della Fiat e di altre fabbriche della città.
La tesi di Pansa, del Solaro socializzatore e per questo odiato dal Pci, è desunta direttamente da Giorgio Pisanò, secondo cui il Pci aveva scatenato la guerra civile anche per combattere la socializzazione della Rsi, temendo che il successo di questa misura ne avrebbe ridimensionato la pretesa di rappresentare la classe operaia, e perciò si era alleato con gli elementi più reazionari del capitalismo italiano, dagli industriali del nord al re, a Badoglio. Scrive Pansa:
“Come mai Solaro volle restare a Torino?” domandai. “I motivi possono essere due”, rispose Livia, “Uno, il più probabile, era non abbandonare i franchi tiratori fascisti, decisi ad ingaggiare l’ultima battaglia in città. L’altro perché era convinto, in caso di cattura, di poter dimostrare di non essere un criminale di guerra. Aveva raccolto due valigie di documenti che però sparirono quando lui cadde nelle mani dei partigiani delle Garibaldi. Sapeva di essere odiato, soprattutto dai comunisti, per i tentativi di dialogo con gli operai”.
Era tanto propenso al dialogo con gli operai il federale, che in occasione dello sciopero generale, proclamato per il 18 aprile 1945, dichiarava che la brigata nera Ather Cappell, di cui aveva assunto il comando, era «pronta a stroncare ogni azione contro l’ordine pubblico»17. E il 20 aprile, un migliaio di brigatisti neri, capitanati da Solaro, entrarono nella città di Chieri sparando all’impazzata, saccheggiando quello che potevano, mettendo a ferro e fuoco la città e catturando venticinque ostaggi. Il 22 aprile Solaro collegava apertamente i fatti di Chieri con la repressione dello sciopero generale e, dalle colonne de «La Stampa», dichiarava che lo sciopero era fallito grazie all’azione repressiva delle Forze armate e delle Brigate nere; infine prometteva una dura repressione contro «i sicari scatenati dai capitalisti, dai massoni, dagli ebrei».
Nelle ultime concitate ore prima del crollo definitivo del fascismo, Solaro dà ordine alla Ather Cappelli di distruggere l’intero carteggio dello Stato maggio- re della Brigata. È in quest’occasione che organizzerà il cecchinaggio contro i partigiani. Occorreva, secondo la sua espressione, fare di Torino “un Alcazar”, riferendosi alla resistenza dei franchisti di Toledo contro le truppe della Spagna repubblicana. Ovvero sparando indiscriminatamente su civili e partigiani. Nell’ultimo discorso, rivolto il 27 aprile ai camerati della Ather Cappelli, mentre preparava l’appostamento dei cecchini in città, ribadiva l’incrollabile fiducia nella fede fascista: «Io affermo, con voi e per voi, che siamo e resteremo sempre fascisti!» È in questo contesto che matura la sua fine. Il 28 aprile viene catturato dai partigiani della 4a divisione Garibaldi, impegnati a stanare i cecchini casa per casa. Di fronte a Osvaldo Negarville e Bruno Mulas, che lo interrogano prima dell’esecuzione, Solaro dichiara di essere «un compagno di idee comuniste […] chiaramente espresse da tutto il suo comportamento politico» (sic!). Cosa non si fa per salvare la pelle! Altro che «La sua idealità non l’ha smentita mai, ed è morto per questo», come le figlie Franca e Gabriella, fonte principale per la ricostruzione della vicenda del federale torinese ne Il sangue dei vinti, dichiarano a Pansa. La memoria familiare serve a Pansa per decontestualizzare la fine di Solaro, deprivata in tal modo di ogni senso politico e storico. Il lettore è indotto a ritenere che i partigiani torinesi abbiano massacrato un buon padre di famiglia, i cui unici torti erano la fedeltà ai propri ideali e l’apertura al dialogo con la classe operaia.
Segue una macabra descrizione dell’impiccagione, definita «una specie di orrendo Piazzale Loreto itinerante», ma «Solaro morì bene, con lo sguardo rivolto al cielo, sul viso un’espressione indecifrabile. La definirei tra il sereno e il rassegnato». Il prosieguo della funerea fiction è affidata poi al romanzo di Marcello Randaccio Le finestre buie del ‘43.
Eppure alcuni anni prima non era stato così tenero con il federale torinese. Pansa lo descriveva come un sadico torturatore, distintosi particolarmente
oltre che nell’organizzazione della brigata nera, elogiata dallo stesso Musso- lini nell’udienza concessa il 1 febbraio 1945, nell’imbastire il processo del 2 e 3 aprile 1944 contro il Comando militare regionale piemontese, conclusosi con otto condanne a morte e successiva fucilazione dei resistenti. Oltre a Solaro, per sottolineare la solennità dell’avvenimento, assistettero al processo il perfetto Zerbino, il ministro conte Buffarini Guidi e il figlio del console tedesco. Il processo seguiva un’ondata di repressione e fucilazioni che portarono a un centinaio di vittime per mano dei tedeschi e delle Brigate nere tra marzo e aprile del 1944. Nell’inverno del 1944 il federale “comunista” aveva anche pubblicato l’opuscolo Validità teorica e applicabilità al concreto sistema teorico — sociale di Mussolini e Hitler.
Solaro venne impiccato tra via Cernaia e corso Vinzaglio, nello stesso luogo in cui nove mesi prima erano stati impiccati quattro partigiani in rappresa- glia per il ferimento di un ufficiale della “Leonessa”. Il luogo dell’impiccagio- ne dell’ex federale era diventato il luogo simbolico della violenza subita dalla popolazione di Torino ad opera del fascismo. È ciò che avvenne anche in tante altre parti d’Italia: «gli ex repubblichini muoiono dove sono morti i partigiani, soffrono le stesse sevizie inflitte come carnefici, i loro cadaveri sono bruciati dove arsero le loro vittime».
Gino Candreva
Nella foto Giuseppe Solaro prima che venga giustiziato il 29 aprile 1945.